Il Tennista Zombie

Partendo dal presupposto che il corpo è intelligente e che sceglie, senza sprechi, le migliori strategie in funzione di un obiettivo, forzarlo è quanto di peggio si possa fare!

Per forzatura intendo, ad esempio, obbligarlo ad un movimento tecnico specifico, copiato da un campione o da giocatori d’élite. Ogni livello ha le sue tecniche e tattiche, ecologiche, in riferimento a quanto è possibile fare e dare. Il sistema mente-corpo non contempla di spendere 10 per ottenere 7, e si ribella a scelte ottimali per categorie superiori e non contestuali.

La videoanalisi, nel modo in cui viene utilizzata, ha fatto moltissimi danni, stereotipando il gesto del top player di turno, per produrre un giocatore che imita una tecnica non sua, con il risultato di apparire ma non sentire!

Non sentire la palla, non percepirsi, non essere consapevole, vuol dire non avere l’esperienza di vivere il proprio tennis, con il risultato ultimo di non esistere.

Nasce così il tennista zombie, qualcuno che può ottenere risultati, ma che in realtà è un morto che cammina, un robot. Vedere un tennista vestire la tecnica di un altro per arrivare ad essere un 4.3 (classifica FIT) mi sembra assurdo, e per chi è diventato seconda categoria, con questo metodo, l’errore commesso è ancora più grande, mi verrebbe da dire chissà dove sarebbe potuto arrivare giocando da se stesso!

Statisticamente, in una associazione sportiva, nasce un seconda categoria ogni 20 anni, e la cosa migliore che possiamo fare è facilitarlo nell’apprendimento, suggerendogli delle modalità di gioco, osservando, facendolo sperimentare, lasciandogli l’opportunità di essere semplicemente la migliore versione di se stesso.

Author: Tennis Olistico

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